La bellezza della fatica e il gusto dell'impresa
   Edizione 2024

Un bar, meglio un’osteria, è sempre un ottimo approdo per un giro in bicicletta.

 Dovrebbe sempre essere il traguardo, dovrebbe essere sempre il solo possibile. Va certamente benissimo pure una casa, magari con un giardinetto fuori e un pergolato, ma non tutti ce li hanno, anzi in pochissimi possono vantare un giardinetto e un pergolato. Quindi vada per l’osteria.

Le ruote rallentano il loro rotolio, si fermano, si scende di sella. Saluti, convenevoli, cose così. Poi poche parole. Un bicchiere di rosso. Non un premio, solo i poveri di spirito devono premiarsi. Un bicchiere di rosso è una linea d’arrivo, uno striscione da oltrepassare. Che il rosso fa buon sangue. E pure la bici fa buon sangue, che ne accelera lo scorrere, non si corre il rischio di farlo ristagnare quando si pedala. E poi il cervello lo inonda di endorfine. È sangue buono quello che si ottiene dopo aver pedalato. E se si ha il sangue buono, tocca brindare, ringraziare la bicicletta di avercelo dato.

C’è nulla di più attinente alla bicicletta che il vino. Nulla di più indicato. A meno di non essere professionisti. I professionisti sono pochi, i ciclisti molti, sempre più, e chi vuol fare la vita da professionista pur non essendolo viene da pensare che non voglia bene davvero alla bicicletta.

Perché la bicicletta è un ponte verso il mondo, verso ciò ci sta attorno. È ricarica di vita, di pensieri positivi, di gioia, il miglior mezzo per far fuggire il cervello dai recinti che si costruisce, dai reticoli dell’egocentrismo che porta immancabilmente o all’iperconsiderazione o all’autocommiserazione. Pussa via. Pedalare è vita. Vita che si muove attorno, vita che si muove dentro. Una gran festa. E da sempre la festa è bagnata dal vino. Il giusto, quello che basta, che può essere tanto, può essere poco, ma non può essere niente. E meglio che sia vario. Perché vuol dire che ci si muove, che ci si è lasciati alle spalle le zone vicine e ci si è addentrati in un altrove. Ed è sempre meraviglioso pedalare altrove. Perché le novità aumentano, gli occhi si riempiono di cose mai viste, il passo si fa leggermente più lento. Non serve andare forti negli altrove. Serve concedersi tempo, che a volte è un lusso perché in un modo o nell’altro abbiamo deciso di non concedercelo.

Tempo. Quello giusto per fermarsi, scoprire cosa la terra ha da offrire, brindare alla terra, alla bicicletta e a noi che abbiamo deciso di brindare a tutto questo.


Giovanni Battistuzzi


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